Coronavirus, come funziona PittCoVacc: il potenziale vaccino-cerotto contro SARS-CoV2
Cominciamo ad avere una visione un po’ più chiara del SARS-CoV2. Le misure di contenimento della sindrome respiratoria che provoca (Covid-19), sembrano dare buoni frutti, anche se rimangono ancora diversi dubbi, motivo per cui si teme una seconda ondata della pandemia.
Diversi Paesi hanno isolato il virus studiandone la filogenesi, infatti il suo genoma è noto. Conosciamo la glicoprotenina spike (S), che come per il cugino MERS-CoV (responsabile della sindrome respiratoria mediorientale), ha imparato nel suo spillover (salto di specie), a prendere come bersaglio il recettore umano ACE2.
Semplificando molto, gli ACE2 sono le serrature degli alveoli polmonari. La proteina S funge da grimaldello per il virus, che in questo modo può scassinarla, penetrando nelle cellule, ordinando ai ribosomi (macromolecole in grado di tradurre il codice genetico) di lasciar perdere le istruzioni che arrivano dal nucleo, dedicandosi totalmente alla produzione in serie del Coronavirus.
Ovviamente gli alveoli non avranno giovamento dall’usurpazione subita, venendo distrutti, ragione per cui si svilupperà una sindrome respiratoria acuta nel paziente.
Tutte queste conoscenze, derivate anche dallo studio degli altri coronavirus umani – in special modo di MERS-CoV – hanno permesso ai ricercatori della University of Pittsburgh School of Medicine, coordinati da Andrea Gambotto e Louis Falo, di mettere a punto un «vaccino-cerotto» contro SARS-CoV2, tramite microaghi che si sciolgono nella pelle.
I risultati promettenti sui topi, sono stati così pubblicati su EBioMedicine di The Lancet il 2 aprile. Il potenziale vaccino si chiama PittCoVacc (Pittsburgh CoronaVirus Vaccine).
Come funziona il vaccino contro il nuovo Coronavirus
I ricercatori si sono concentrati sul «dominio di legame del recettore nella subunità S1», ovvero una parte importante della proteina del MERS-CoV (MERS-S1), in modo da imitarne la struttura. Un vaccino deve essere in grado di preparare il Sistema immunitario, dando informazioni ai linfociti, che generano anticorpi specifici contro gli antigeni, le strutture proteiche del virus da riconoscere, per neutralizzarlo in tempo.
Esistono diversi tipi di anticorpi, in questo contesto a noi interessano le immunoglobuline IgM e IgG. Le M agiscono subito ma sono di breve durata, se le troviamo nel siero del paziente significa infatti che è positivo al virus; le G sono più tardive ma permangono nel tempo, tanto che se le troviamo da sole nel siero, significa che il paziente si è immunizzato.
Sono stati così sperimentati degli «stimolanti immunitari», in grado di imitare il segnale dell’antigene di MERS-CoV nei topi, con microaghi che si dissolvono nella pelle, valutando la relativa comparsa degli anticorpi IgG. Avrebbe funzionato anche col nuovo Coronavirus?
SARS-CoV2 condivide con MERS-CoV una specifica glicoproteina spike.
«Spinti dall’urgente necessità di vaccini COVID-19 – spiegano i ricercatori – abbiamo utilizzato questa strategia per sviluppare rapidamente i vaccini [con microaghi dissolventi] SARS-CoV2 e testato la loro immunogenicità preclinica [sui topi] sfruttando la nostra sostanziale esperienza con i vaccini … MERS-CoV».
Tornando in metafora, potremmo dire che i ricercatori hanno fuso assieme alcuni frammenti del grimaldello usato da MERS-CoV, con quelli di SARS-CoV2, ottenendo una sequenza di 27 amminoacidi; questo genere di “tecnica” si chiama «dominio foldon». Soluzioni di questo tipo sono state già utilizzate con successo in altre ricerche antivirali, come nel virus dell’influenza, dell’Hiv e della Sars.
Fondamentale anche l’utilizzo della flagellina, un ligando batterico, ovvero una molecola in grado di instaurare legami con delle proteine, come le TLR5, che hanno un ruolo importante nel riconoscimento dei patogeni.
«La flagellina è un ligando batterico naturale – continuano i ricercatori – altamente conservato che lega il TLR5 per attivare le cellule dendritiche che esprimono TLR5, neutrofili, cellule epiteliali polmonari e pneumonociti, aumentando l’immunogenicità in diversi modelli di vaccini».
Perché un «vaccino-cerotto»?
Occorre un vaccino pratico, da somministrare a un’ampia popolazione. Poter usare la pelle come bersaglio sarebbe sicuramente una svolta.
«La pelle è un bersaglio ideale per l’immunizzazione – spiegano i ricercatori – Contiene una ricca popolazione di cellule presentanti l’antigene e di cellule immunitarie in grado di indurre un microambiente proinfiammatorio che favorisce l’induzione di un’immunità adattativa potente e duratura».
I microaghi attraverso cui verrebbe somministrato il vaccino, sono dei polimeri solubili in acqua, restano intatti giusto il tempo necessario a penetrare superficialmente nella pelle, per poi dissolversi nel giro di un paio di minuti.
L’ambiente in cui agirebbe il vaccino è inoltre ideale per provocare alte concentrazioni dello stesso, con un importante risparmio in termini di dosi somministrate, riducendone potenzialmente costi ed eventuale tossicità.
È sorprendente come proprio delle condizioni di estrema necessità abbiano favorito – partendo da precedenti ricerche sul virus della Mers – una potenziale soluzione contro questa pandemia, la quale necessiterà comunque conferme nella successiva sperimentazione umana.
«Spinti dalla promettente immunogenicità dei vaccini MNA-MERS-S1 e dall’urgente necessità di rispondere alla recente pandemia di coronavirus – continuano i ricercatori – abbiamo rapidamente (entro 4 settimane dall’identificazione della sequenza SARS-CoV-2 S1) progettato e prodotto vaccini MNA SARS-CoV-2 S1 e testato la loro immunogenicità nei topi».
«Anche se è ancora presto per prevedere se gli esseri umani immunizzati con questi vaccini candidati avranno risposte simili e saranno protetti dalle infezioni SARS-CoV-2 o MERS-CoV, i nostri studi dimostrano che lo sviluppo, la produzione e la sperimentazione animale iniziale dei candidati al vaccino MNA clinicamente utilizzabili contro la SARS-CoV-2 e altre infezioni emergenti possono essere rapidamente realizzati».
La Sperimentazione animale e i progressi acquisiti nella ricerca sul Dna ricombinante, hanno permesso una accelerazione dei tempi, promettendo soluzioni tempestive e pratiche contro la minaccia di future pandemie.
Foto di copertina: University of Pittsburgh School of Medicine | PittCoVacc, il potenziale vaccino-cerotto contro il SARS-CoV2.
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